Il Rinvio si avvicina. Applausi.
11/10/2013 08:23
I mercati occidentali ieri hanno effettuato un rimbalzo piuttosto violento, dopo il lento e continuo calo dei giorni precedenti. Il motivo è stato, come ovvio, l’emergere di un inatteso spiraglio di intesa in USA sulla proposta dei repubblicani: rinviare la resa dei conti di 6 settimane, perciò a fine anno, senza ulteriori condizioni. Ciò permetterebbe di trovare un’intesa che ora non c’è. La classica tecnica del calcio al barattolo, o, se vogliamo, l’applicazione del motto che in Europa e nel nostro paese è di moda da anni: se c’è un problema, negalo; se non puoi negarlo, rinvialo. Il governo Letta sta facendo ampio uso di questa tecnica, che i mercati apprezzano e premiano in modo abbastanza continuo.
E’ successo così anche ieri, sui rumor del possibile spostamento della deadline che farebbe scattare il default americano. E’ stato un balzo corale, che in USA è arrivato a recuperare il 2,18% sull’indice SP500. L’incontro serale tra Obama ed i repubblicani non si è poi concluso con l’accordo immediato, sperato dai mercati, ma non c’è stata nemmeno la rottura, dato che le parti hanno preso l’impegno a continuare la trattativa. Probabilmente Obama vuole avere la garanzia che oltre al tetto del debito verrà rimosso anche lo shutdown, consentendo la piena ripresa dell’attività del governo e l’impegno repubblicano a non mettere in discussione la riforma sanitaria.
L’accordo è comunque oggi assai più vicino di ieri e le manovre di avvicinamento dovrebbero essere coronate da successo. Pertanto stamane anche le borse asiatiche, sebbene con meno entusiasmo rispetto agli speranzosi indici USA, si accodano al rimbalzo, ed altrettanto dovrebbero fare le borse europee, in attesa dell’ufficializzazione dell’accordicchio.
Intanto in Italia in questi giorni si sta provando un altro gioco che piace molto ai filibustieri ed ai politici. Un gioco assai spesso praticato in passato. Si tratta della socializzazione delle perdite private e della rapina ai risparmi della povera gente.
Due fatti lo dimostrano. Il salvataggio di Alitalia, ex azienda pubblica, depredata dalla scandalosa gestione del sottopotere politico dagli anni ‘80 fino a 5 anni fa, poi privatizzata a spese della collettività ed a vantaggio della pattuglia di “imprenditori italiani coraggiosi”, che hanno portato a termine la devastazione, ora giunta penosamente alla resa dei conti. Ieri si è stabilito che verrà salvata dalla fragorosa bancarotta nientemeno che dalle Poste, che si accollano una parte significativa di aumento di capitale. Alitalia torna così, spolpata, sotto l’influenza pubblica e si appresta a bruciare un altro po’ di soldi dello Stato prima di essere ceduta definitivamente ad Air France, che aspetta in riva al fiume il passaggio del cadavere.
La seconda spettacolare prova di capacità di governo è fornita dal decreto che Saccomanni andrà a sbandierare all’Assemblea del FMI per dimostrare che l’Italia fa bene i compiti. Un terzo del miliardo e mezzo che serve a riportare provvisoriamente al 3% il nostro rapporto deficit/PIL viene fuori dal gioco di prestigio di assegnare un po’ di immobili di stato (caserme beni demaniali) alla Cassa Depositi e Prestiti, la cassaforte che gestisce il risparmio postale, quello che la povera ente deposita alla posta pensando che lì sia più al sicuro che in banca. 500 milioni di risparmio postale verranno girati subito allo Stato in cambio di un po’ di muri marci e saranno problemi della CDP tornarne in possesso, quando e se riuscirà a vendere le catapecchie statali assegnate.
E allora? Che c’è di male? I mercati applaudono e premiano la finanza creativa ed il rinvio delle soluzioni. Come nel 2007. Appunto.