Che i mercati siano stati colti di sorpresa dall’ondata autunnale del Coronavirus e si siano fatti prendere dal panico è una constatazione che può fare anche chi non se ne intenda né di virus né di mercati.
In fondo basta prendere la classifica dei contagi quotidiani e quella delle performance delle borse di ieri (partendo dai peggiori) e si vedono più o meno gli stessi paesi.
Entrambe le classifiche rappresentano il panico di chi si trova di fronte ad un fenomeno imprevisto che cambia lo scenario ipotizzato fino a pochi giorni prima.
Per i mercati è una situazione abbastanza frequente, poiché, checché ne dicano i teorici della razionalità dei mercati, che riescono sempre a spiegare a posteriori quel che è successo con dotti ragionamenti, il comportamento delle borse è dominato dall’emotività, dall’alternanza di sogni e paure. La razionalità non è la regola, ma l’eccezione.
Quel che mi lascia molto perplesso ed amareggiato è invece il comportamento dei governanti di tutto il mondo occidentale.
Ripenso alle tragiche giornate di primavera in cui l’Europa si chiuse in casa, spaventata dal nuovo nemico invisibile e letale. Allora il sistema sanitario di tutti i paesi europei venne messo a durissima prova e si riuscì a resistere grazie all’eroismo delle truppe sanitarie che domarono a fatica il virus ed al disciplinato sacrificio della libertà di movimento della popolazione, che è uno dei cardini della civiltà e della democrazia occidentale. Il costo, aggiuntivo alla perdita di molte migliaia di vite umane, fu una feroce recessione che tranciò la produzione del secondo trimestre e costrinse gli stati ad enormi deficit per erogare sussidi a persone ed imprese in enorme difficoltà e le banche centrali a stampare fiumi di moneta per finanziare questo debito e permettere alle economie di non implodere del tutto.
Passata l’ondata, mentre il virus si spostava a seminare morte in USA e nei paesi meno sviluppati gli scienziati ci avvisarono che in autunno il virus sarebbe tornato ed i governanti promisero che ci avrebbe trovati pronti a contrastarlo. Mai più lockdown generalizzati. Mai più ospedali al collasso. Mai più l’emergenza di chi viene colto di sorpresa da un devastante evento naturale. I mesi estivi di tregua avrebbero consentito di organizzare il sistema per fronteggiare come si deve la seconda ondata e le economie avrebbero potuto rapidamente riprendersi.
Promesse da marinaio. Venne l’estate e fu impiegata a fare le vacanze, con spiagge e discoteche che si riempirono di gente senza protezione. Intanto la burocrazia riprese il dominio della situazione. Un dominio in realtà mai ceduto, ma solo allentato in tempo di emergenza. Arrivò settembre e con il ritorno dalle vacanze e la ripresa delle scuole e delle attività lavorative si poté verificare che poco era stato fatto del tanto che fu promesso. Poco negli ospedali: un migliaio di nuovi posti nelle terapie intensive, dei 4.000 pianificati. Poco nella sanità territoriale, dove solo poche ASL ha creato le USCA, le Unità Speciali di Continuità Assistenziale, cioè le task force che dovrebbero intervenire a gestire i casi di contagio sul territorio, decidere quali lasciare in isolamento a casa o in unità protette ed assisterli, quali ricoverare nei reparti Covid ospedalieri.
Nulla è stato fatto nel sistema dei trasporti, che non è stato minimamente potenziato, per cui i mezzi pubblici nelle città e le linee ferroviarie locali hanno accusato i consueti assalti nelle ore di punta, senza alcuna possibilità di garantire il distanziamento sociale necessario. Intanto le statistiche ci dicono che il settore dei pullman turistici è fermo da marzo, con oltre l’80% dei mezzi fermi ed i conducenti in cassa integrazione. Nessuno ha pensato di affiancare questi mezzi al trasporto di linea nelle ore di punta.
Tanto fumo è stato prodotto per le scuole, per consentire la scelta ideologica di pretendere la riapertura in presenza di tutte le scuole, comprese quelle superiori, i cui allievi si spostano sui mezzi pubblici inadeguati. Nessuno ha pensato che oggi non esiste nessuno studente delle scuole superiori che non abbia uno smartphone e quindi non possa collegarsi per la didattica a distanza. Meglio farli spostare tutti i giorni alla stessa ora su mezzi pubblici stracolmi pur di dimostrare che si tornava alla normalità.
I fondi stanziati e prontamente disponibili per le spese sanitarie del MES sono ancora lì. Nessuno stato della UE li ha richiesti per non subire “lo stigma dei mercati”. Traduzione: per non far vedere che ne abbiamo bisogno ed essere considerati per quel che siamo.
La App che doveva consentire il tracciamento ed il controllo di tutti i contagiati non ha funzionato minimamente: pochi l’anno scaricata e pochi contagiati hanno comunicato al sistema la loro situazione, anche qui per paura dello “stigma”. Non dei mercati ma della società.
C’è una sola parola per descrivere il piano di difesa contro il virus messo in atto per affrontare la partita a poker d’autunno contro il coronavirus: il bluff, accompagnato dalla speranza che gli scienziati sbagliassero le previsioni.
Ho descritto sommariamente la situazione del nostro paese, ma questo è stato più o meno il comportamento seguito in tutta Europa.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ormai nessun paese europeo ha la situazione sotto controllo, la curva dei contagi dappertutto ha assunto inclinazioni esponenziali, i sistemi sanitari rivivono le situazioni di marzo e lo spettro del lockdown totale di un intero paese si è materializzato nuovamente con l’annuncio ieri sera del presidente francese Macron, che ha chiuso in casa la Francia per un mese a partire da domani. Anche la Germania ha annunciato per il 2 novembre severe restrizioni generalizzate su tutto il territorio nazionale.
Se Francia e Germania sono la guida politica dell’Europa è da presumere che altri governi le seguiranno.
Con questo quadro di drammatica corsa ai ripari, nei prossimi giorni anche gli uffici studi istituzionali (FMI, OCSE e le agenzie di rating) molto bravi a fare previsioni a posteriori, come un autista che guida guardando solo lo specchio retrovisore, rivedranno al ribasso tutte le precedenti stime ottimistiche di ripresa.
Non c’è quindi da stupirsi se il panico ha preso il sopravvento anche nelle borse e ieri si è rivista una delle classiche giornate da “bagno di sangue” su tutti i listini europei: Eurostoxx50 -3,49%; Dax -4,17%; Ftse-Mib -4,06%. Il panico europeo ha contagiato anche Wall Street, con un ribasso corale delle medesime dimensioni: SP500 -3,53% e Nadaq100 -3,93%. Il Vix, l’indice della paura di ribasso si è impennato ed ha raggiunto quota 40, oltre i massimi della precedente gamba ribassista di settembre.
Col movimento di ieri SP500 ha raggiunto quota 3.261, sfondando anche il supporto di area 3.295, che in passato ne aveva contenuto per 3 volte la veemenza ribassista. Gli indicatori di eccesso di brevissimo periodo sono in forte ipervenduto e si intravedono sui grafici orari anche significative divergenze rialziste. Inoltre si può osservare che l’Asia questa notte non ha affatto seguito il panico occidentale, dimostrando molta più resistenza, sia al virus che alla disperazione ribassista dei listini.
Ciò fa pensare che oggi, a lockdown ufficializzati, si possa assistere ad un rimbalzo tecnico, se la mattinata europea riuscirà a contenere le vendite dei ritardatari.
Se così sarà potremo considerare esaurito l’impulso centrale (onda 3) dell’onda ribassista (C). Il rimbalzo dei prossimi giorni (pochi) dovrebbe essere classificato come onda 4 correttiva e dovrebbe poi cedere il passo all’ondata finale ribassista (la 5) che andrebbe a concludere la correzione autunnale con molte probabilità di sfondare i minimi di settembre.
Ovviamente se oggi non vedremo rimbalzi saremo ancora dentro l’estensione dell’impulso ribassista di onda 3 ed il film si allungherà un po’.
Non ho detto nulla delle elezioni americane? Vero. Perché anche su questo tema si brancola nel buio, nonostante i sondaggi, che hanno già sbagliato 4 anni fa.
E comunque i mercati andranno dove devono andare a prescindere da chi vincerà.
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