Wall Street ieri ha proseguito e quasi completato l’opera di cancellazione del virus dai grafici degli indici azionari. Il Nasdaq100 era già tornato ai massimi assoluti venerdì scorso e ieri ha aggiunto un altro +0,79% al record precedente, portandosi a meno di 100 punti dalla barriera psicologica dei 10.000 punti. SP500 (+1,20%) ha azzerato le perdite da inizio anno portandosi nuovamente sui livelli a cui aveva iniziato, pieno di belle speranze, questo 2020. Per cancellare definitivamente il virus gli manca ancora un rialzo di meno di 5 punti percentuali. Dopo averne già fatti 47 dai minimi dello scorso 23 marzo, l’impresa, a prima vista, pare decisamente alla portata.
Dopo una settimana a tutto gas ieri in Europa è stato invece il momento delle tiepide prese di beneficio.
La cosa non deve sorprendere, dato che la scorsa settimana l’indice Eurostoxx50 ha messo a segno quasi l’11% di rialzo, una performance da leccarsi i baffi persino se fosse realizzata in un anno.
Piuttosto meraviglia la galoppata dell’indice del settore bancario europeo che, dopo la galoppata della scorsa settimana, in cui il ha messo a segno uno strabiliante +20%, ieri abbia continuato imperterrito la corsa, salendo ancora del 2% circa (in tarda mattinata faceva quasi +4%).
Ma, a ben guardare, non è molto difficile motivare il formidabile recupero delle banche europee, dato che la scorsa settimana la BCE ha ulteriormente allargato, e di molto, la gittata del suo Bazooka monetario, facendo capire che gli acquisti di titoli saranno selettivi e si concentreranno soprattutto sui bond sovrani con spread peggiori. Inoltre la decisione di eliminare il requisito necessario del rating “investment grade” (da BBB- in su) dai bond acquistabili dalla BCE, apre una sorta di ombrello protettivo sui peggiori emittenti, anche corporate, e riduce di molto la possibilità che la recessione, per quanto dura, comporti fallimenti a catena di soggetti “sistemici”, che potranno così essere salvati dalla banca centrale, così come già sta facendo la FED e da parecchio tempo la Banca del Giappone.
Questa rete protettiva abbassa il rischio sugli asset nei portafogli delle banche, consentendo al mercato di valutarle (o sopravvalutarle) con maggior generosità.
E’ vero anche che questo genere di decisioni di emergenza attuato dalle banche centrali ha implicazioni “filosofiche” e “morali” molto discutibili, poiché le pone nel ruolo di “discariche di ultima istanza” e di fatto le trasforma in una sorta di pachidermico Hedge Fund.
Inoltre la garanzia implicita che non fallirà nessuno produrrà la sopravvivenza di un numero imprecisato, ma presumibilmente molto alto, di “zombie”, cioè imprese in perdita, che bruciano risorse (collettive!!) in attività non redditizie ed inefficienti, pesando sulla possibilità di crescita futura.
Infine queste decisioni decretano uno sbilanciamento del rapporto tra rischio ed opportunità da parte del settore bancario, degli investitori e, se vogliamo estendere il concetto, anche dei politici alle prese con le decisioni che pesano sui conti pubblici. Costoro infatti in queste settimane fanno a gara a chi gonfia di più il deficit pubblico dello Stato che amministrano.
Il nome di questa sorta di virus che annebbia la vista è “Azzardo Morale”. La Treccani ce lo definisce come la “Condizione in cui un soggetto, esentato dalle eventuali conseguenze economiche negative di un rischio, si comporta in modo diverso da come farebbe se invece dovesse subirle”.
E’ evidente che se le banche centrali diventano un “salvatutto” nessuno andrà molto per il sottile nelle valutazioni di investimento. Anche gli operatori sui mercati rischieranno di più, sapendo che se va bene i soldi guadagnati resteranno a loro. Se invece andrà male sarà la Banca Centrale, o il Governo, ad intervenire e rimborsare. I Governi aumenteranno i debiti, sapendo che la Banca Centrale stamperà moneta per comprare i loro titoli di stato. Il risultato sarà l’allontanamento sempre più marcato delle valutazioni di Borsa dai fondamentali ed il gonfiamento di una bolla speculativa che sembrava tre mesi fa sul punto di scoppiare, ma l’intervento pubblico, di portata mai vista prima, ha contribuito a rigonfiare più che mai.
Possiamo chiamare tutto ciò gioco d’azzardo? No. E’ molto peggio. Lo chiamerei gioco d’azzardo con i dadi truccati.
Il problema ovvio, a lungo andare, sarà chi pagherà il conto finale di questa illusione collettiva che la ricchezza si crei stampando carta. Perché è evidente che questo non può essere e la storia si preoccuperà di far venire tutti i nodi al pettine, prima o poi.
Se io fossi un giovane che entra nel mondo del lavoro solo ora (pensate, io ne ho quattro, di figli, ormai in procinto di farlo), mi preoccuperei assai, perché ci sono molte probabilità che tutto ricada pesantemente sulle future generazioni di contribuenti.
Ma questo sarà nel lungo termine. Al lungo termine non pensa più nessuno. Ora va di moda il Carpe Diem.
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