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SI RIPARLA DI STAGFLAZIONE
26/04/2005

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I giorni scorsi ci hanno descritto uno scenario abbastanza confuso sui mercati. Abbiamo infatti assistito ad un abbozzo di rimbalzo da parte dei mercati azionari, dopo lo sfondamento dei supporti principali ed un primo segnale di inversione ribassista del trend avvenuto nella settimana precedente. Il tentativo per ora non è riuscito ad andare oltre il classico pull-back. Infatti l’indice americano SP500 è rimbalzato fino al livello precedentemente violato al ribasso (1163) ed è stato per ora respinto indietro. Saranno pertanto gli eventi dei prossimi giorni a confermare o smentire l’inversione ribassista che al momento è il senso del segnale generato la scorsa settimana dai mercati. Gli indici azionari hanno comunque un andamento  assai nervoso e condizionato ogni giorno dalle trimestrali che vengono presentate al mercato. Il sentiment generale appare diverso da quello dei mesi scorsi. Infatti si tende a reagire negativamente in modo abbastanza ampio quando arrivano cattive notizie, mentre quando i dati societari sono al di sopra delle aspettative la reazione positiva è molto più incerta e contenuta. Questo comportamento rivela un certo nervosismo sui mercati azionari e la predisposizione di molti operatori a prendere profitto dopo il lungo rialzo.

Nello stesso tempo i mercati obbligazionari, soprattutto in Europa, hanno continuato a salire e sono tornati quasi ai massimi assoluti, mostrando che gli operatori scommettono su un’ipotesi di tassi di interesse fermi o calanti per i prossimi mesi, in contrasto sia con i messaggi ottimistici sulla crescita economica provenienti dalle banche centrali che con i timori di ripresa dell’inflazione, evento anch’esso paventato più dalla Federal Reserve che dalla BCE.

Abbiamo quindi da un lato la Federal Reserve che sembra temere le pressioni inflazionistiche di un’economia ancora assai vivace e pertanto prosegue imperterrita nella sua politica di rialzo graduale dei tassi. Dall’altro i mercati sembrano invece preoccuparsi esattamente del contrario, cioè che l’economia non riesca a mantenere il ritmo fin qui tenuto.

Evidentemente non possono aver ragione entrambi. Si sta addirittura affacciando sul mercato l’ipotesi che abbiano alla fine torto entrambi, nel senso che si avvicini un periodo di stagflazione.

Col termine si intende la situazione, che abbiamo già visto dopo lo shock petrolifero degli anni ’70, in cui convivono allo stesso tempo sia la stagnazione dell’economia che l’inflazione, generata soprattutto da spinte dalla parte dei costi. In attesa di avere prossimamente ulteriori lumi per risolvere l’enigma mi soffermerei su un altro possibile scenario futuro che la stampa specializzata a mio parere non ha affrontato con la dovuta attenzione.

Si sa che da tempo alle riunioni dei vari G8 e degli organismi economici internazionali uno dei ritornelli più cantati è la richiesta alla Cina di sganciare la sua moneta dalla parità con il dollaro, permettendone la rivalutazione ed attenuare in questo modo lo strapotere competitivo delle merci cinesi sui mercati mondiali.

Ciò faciliterebbe il rientro degli squilibri della bilancia commerciale americana, che costituisce uno dei deficit gemelli che tanta paura fanno ai mercati.

Ebbene, la realizzazione di questo desiderio passa necessariamente per la drastica riduzione delle riserve valutarie in dollari da parte dei cinesi, che di colpo smetterebbero di finanziare il deficit federale americano con l’acquisto di Tbond. Anzi, il loro surplus commerciale verrebbe convertito presumibilmente in altre valute, come l’euro e lo Yen.

E’ quindi ipotizzabile che gli Usa si avrebbero non poche difficoltà a piazzare a tassi bassi l’enorme quantità di debito federale prodotto ogni anno, ed anzi dovrebbero forse inasprire la stretta monetaria in corso, mentre per i mercati finanziari europei ci potrebbe essere la buona notizia dell’arrivo di capitali cinesi in cerca di approdi diversi da quelli americani.

Le Borse europee potrebbero allora forse accarezzare realmente la possibilità di vivere una vita autonoma dall’andamento di Wall Street.

Stiamo sognando?

 

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