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La Realta' si ribella al Sogno
30/04/2015

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Ogni sogno finisce con un risveglio. Ogni illusione termina con un ritorno alla realtà.
Non so se quel che è successo ieri rappresenti già la fine del magnifico sogno delle banche centrali, di creare un mondo senza rischi e portare la prosperità stampando carta.
Però è certamente un pizzicotto subito dai mercati, che li ha fatti quantomeno sobbalzare.
Il bilancio della giornata è stato pesante, soprattutto in Europa. Quel che fa riflettere è che per la prima volta, da tempo immemorabile, abbiamo assistito al contemporaneo cedimento sia del mercato obbligazionario che di quello azionario. Solitamente quando c’è un sell off sul mercato azionario, le obbligazioni si apprezzano, perché la liquidità in uscita dall’azionario viene lì dirottata, al sicuro. In particolare questo succede a favore degli strumenti obbligazionari ritenuti più sicuri, in Europa i Bund tedeschi. Questo fenomeno viene chiamato “fly to quality” (volo verso la qualità), e si è sempre verificato quando i mercati azionari hanno perso più del 2% in una sola giornata.
Invece ieri il fly to quality non è avvenuto. Sono scesi molto i mercati azionari europei, con i principali ad accusare perdite di oltre il 2% (il Dax tedesco ha fatto addirittura -3,21%; per vedere un risultato peggiore bisogna andare indietro di oltre un anno, al 3.3.2014). Ma sono andati male anche i bund tedeschi, tipico bene rifugio per un giorno passato di moda (-0,89% il Bund Future, con volumi raddoppiati rispetto al giorno precedente).
A prima vista potremmo parlare di un prepotente ritorno della percezione del rischio, dopo mesi di oblio indotto dalle politiche monetarie super-accomodanti delle banche centrali.
Lo scenario disegnato per molti mesi dalla progressiva e sempre più potente immissione generalizzata di liquidità nei sistemi bancari di tutto il mondo, oltretutto garantita per tempi piuttosto lunghi dai programmi di BCE e BOJ, che hanno sostituito la FED americana nel ruolo di pusher,  ha prodotto inizialmente la corsa la al carry trade obbligazionario ed azionario. L’imperativo sui mercati finanziari è stato per alcuni mesi quello di assecondare la spinta delle banche centrali, unendosi dapprima ad esse negli acquisti di titoli di stato, per poi passare ad effettuare il carry trade sul rischio. Questo consiste nel procurarsi la liquidità gratis dalle banche centrali (o direttamente, con i vari LTRO, oppure indirettamente, vendendo un po’ di titoli a breve alle banche centrali europee, che li comprano a patto che il rendimento non scenda sotto il -0,2%) e poi usare quei quattrini per buttarsi dove c’è ancora del rendimento, cioè sui debitori più rischiosi, sui treasury bond americani e sull’azionario.
La transumanza è durata mesi ed ha prodotto l’appiattimento di tutti i rendimenti obbligazionari, un apparentemente incessante rally azionario, la salita del dollaro, unica valuta che ha finito il pompaggio monetario, contrapposta alla discesa di tutte le altre principali valute mondiali.
Qualcuno pensava di aver trovato la ruota della fortuna, dove qualunque cosa si compra, si trasforma in guadagno certo, dove il rischio viene eliminato dall’opera manipolatrice delle banche centrali, dove persino l’economia reale beneficerà della nuova formula della felicità messa punto dai banchieri apprendisti stregoni, con cospicui incrementi di PIL che tutti danno per certi.
Ma col passare del tempo comincia ad esserci sempre più gente che si pone qualche semplice domanda. E’ magari gente semplice, come il sottoscritto, abituata a fare ragionamenti terra terra, non certo a vivere di sofisticati modelli decisionali dei guru pluri-laureati nelle università USA, dove si insegna l’ingegneria finanziaria, che consiste nel costruire le scatole cinesi con i derivati dei derivati e piazzarle sui mercati che non sanno nemmeno che cosa comprano. Insomma: catene di Sant’Antonio con nomi sofisticati.
Le domande semplici sono all’incirca queste:
- Siccome i rendimenti a scadenza sono negativi per circa la metà degli strumenti obbligazionari esistenti al mondo, e per avere un misero guadagno mi debbo comprare un sacco di rischio, che senso ha risparmiare?
- Può permettersi di pagare poco interesse il creditore chi non ha bisogno di soldi, non certo chi ha un sacco di debiti da rinnovare. Come si fa a ritenere sostenibile un sistema che non remunera il rischio e che quindi allontana l’investitore?
- Che succederebbe se avvenisse una sorta di “sciopero del risparmiatore” e chi ha qualche soldo decidesse di spenderselo? Come si finanzierebbero gli investimenti produttivi?
- Avere rendimenti così bassi può ancora avere un senso se si prevede deflazione. Non certo se si pensa che in futuro ci sarà una ripresa dell’inflazione. Ma se l’obiettivo (dichiarato!!) delle banche centrali è proprio quello di rianimare l’inflazione, perché mai debbo rimanere investito su un bond che mi produrrà ritorni reali fortemente negativi?
- Se, al contrario, nonostante gli sforzi, le banche centrali non riusciranno a far ripartire l’inflazione, e le economie rimarranno o torneranno in contesto di recessione, per quale motivo dobbiamo correre a comprare azioni?
Insomma: comunque la si prenda, la puzza di bruciato comincia a farsi piuttosto forte e qualcuno comincia a pensare che sia dovuta alla pelle delle dita con cui sta tenendo in mano il cerino acceso, che magari ha appena comprato.
E, per la prima volta, comincia a non sentirsi al sicuro anche chi ha solo strumenti obbligazionari, un tempo ritenuti tranquilli. Forse ha addirittura più da temere costui che il possessore di azioni, che almeno, se l’economia dovesse ripartire un pochino, vedrebbero crescere gli utili aziendali a giustificazione almeno parziale del loro valore. A meno che l’eventuale ecatombe obbligazionaria non trascini all’implosione, ancora una volta, il sistema bancario, fortemente impegnato sui bond.
Ecco allora che, in un contesto di mercati obbligazionari diventati fortemente illiquidi per colpa delle banche centrali che rastrellano titoli e li tengono parcheggiati, basta che qualcuno più del solito decida di prendere profitto e di trasferire ad altri il cerino, che si vedono bagni di sangue imprevisti dai guru e difficilmente spiegabili con i modelli di cui si alimentano le illusioni monetarie.
E’ semplicemente la realtà che si ribella al sogno.
Intendiamoci. Quel che si è visto ieri è semplicemente un assaggio di quel che succederà su vasta scala non appena partiranno le vendite delle mani forti e si scatenerà il panico dei piccoli risparmiatori che si vedranno erodere larghe fette di plusvalenze (teoriche, fin che non si portano a casa) sui loro titoli di stato. Ora tra gli investitori che contano sono ancora molti che si fidano delle promesse delle banche centrali e resistono. Anche i piccoli risparmiatori vedono ancora nella lunghezza del periodo di “assistenza” delle banche centrali una cintura di castità in grado di proteggerli da qualsiasi forma di stupro ribassista.
Ne è un esempio, al di là dell’Atlantico, il rimbalzo che gli indici USA hanno avuto dopo la pubblicazione del Comunicato stampa del FOMC, che ha accreditato l’ipotesi che il rialzo dei tassi, che sancirà l’inizio del ritorno alla “normalità” finanziaria in USA, non si vedrà prima dell’autunno-inverno.
Nonostante la delusione del PIL americano, cresciuto nel primo trimestre 2015, secondo la stima preliminare diffusa ieri, a ritmi tristemente “italiani” (+0,2% annualizzato) gli indici americani hanno mantenuto i nervi saldi e recuperato buona parte della delusione confidando ancora una volta che nonna Yellen non abbandonerà tanto presto gli investitori in balia della realtà.
Resta comunque l’amaro sospetto che questo mercato toro, gonfiato di estrogeni monetari come i vitelli che domenica abbiamo visto nel servizio di Report, non abbia più molto da vivere e sia destinato entro qualche mese a finire sulla tavola degli ignari investitori sotto forma di bistecca striminzita.

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