Non è un mistero per nessuno tra i trader che seguono quotidianamente il mercato azionario italiano: il Fib è gravemente malato, affetto da un’insieme di problemi talmente insolubili che persino il medico (la Borsa Italiana, cioè la società che gestisce il circuito telematico ufficiale italiano) ne ha decretato l’incurabilità.
Le malattie del Fib, e di conseguenza del suo fratello minore MiniFib, si chiamano scarsa liquidità, poca volatilità e frequenza di errori. La scarsa liquidità è ben visibile dall’analisi dei volumi di scambio, che, forse anche a causa del lungo periodo di disaffezione da parte del grande pubblico dei risparmiatori per la Borsa, sono in deciso calo rispetto ai tempi passati. Anche ultimamente, nonostante il periodo abbastanza prolungato di risveglio del mercato azionario, si constata che il processo di calo dei volumi è pressochè irreversibile. Il Fib ha terminato il 2003 con un volume annuo di contratti scambiati di poco più di 4 milioni, il più basso dal 1997 in avanti e superiore solo al volume scambiato nel 1996, il primo anno completo di vita di questo strumento finanziario, che fu introdotto nel 1995. Appaiono ben lontani i tempi degli oltre 5 milioni e mezzo di contratti del 1998 o anche solo quelli dei 4.600.000 dello scorso anno. Se poi confrontiamo la media dei contratti giornalieri dell’ultimo trimestre 2003 con l’analogo periodo degli scorsi anni ci rendiamo maggiormente conto della disaffezione verso questo strumento finanziario. Infatti quest’anno in media si sono scambiati nel periodo solo 13.287 contratti, contro i 19.040 del 2002 ed i 18.701 del 2001. Tutto ciò nonostante il solido trend rialzista del mercato in atto per quasi tutto il 2003.
Neppure l’anno nuovo è riuscito a scuotere il Fib dal torpore, poiché la media giornaliera di scambi in gennaio si è ulteriormente ridotta a 12.827 contratti.
Perché i trader scappano dal Fib? Probabilmente non è secondaria la motivazione della scarsa volatilità del nostro mercato. Rispetto ai cugini europei il nostro indice delle blue chips è da parecchio tempo il più ingessato. Quando si sale noi siamo quelli che salgono di meno, così anche quando si scende. Non che questo sia necessariamente un male, poiché significa anche maggior stabilità. Tuttavia gli operatori intraday, che aprono e chiudono le operazioni più volte nel corso della giornata, cercano strumenti che si muovano ed oscillino di più, perché altrimenti non c’è spazio per guadagnare. Per questo motivo si assiste alla fuga dei “day traders” verso strumenti più volatili, come i futures sull’Eurostoxx50 e sul Dax, quotati sul mercato Eurex ed oggi accessibili con facilità dalle principali piattaforme di trading on line. Le dimensioni esatte della fuga sono difficilmente certificabili, ma per averne una stima basta verificare che, mentre il Fib diminuiva i contratti eseguiti, il future sul Dax nel 2003 ha aumentato il volume di scambio di oltre il 30% rispetto all’anno prima, e quello sull’Eurostoxx50 di oltre il 40%.
Una certa importanza nel far perdere credibilità al nostro mercato deve averla avuta anche la frequenza con cui durante l’estate, ma non solo, si sono verificati errori di immissione che hanno provocato salti di prezzo del 3-4% creando il panico tra gli operatori e costringendo le autorità di controllo ad annullare migliaia di contratti. La gravità della situazione è stata affrontata con modifiche al software di immissione e gestione degli ordini, tuttavia la promessa che non ci sarebbero più stati errori è naufragata proprio qualche giorno fa, 1il 16 febbraio, quando nel pomeriggio il solito “errore di immissione” ha provocato una scivolata di oltre il 3% obbligando ad una sospensione di 20 minuti e la tradizionale cancellazione degli eseguiti.
Che la malattia del Fib sia inguaribile è chiaro ormai anche per la Borsa Italiana, che qualche giorno fa ha praticato la più classica delle eutanasie programmate, decretandone la morte alla scadenza di settembre di quest’anno. A quella data tutti i derivati basati sull’indice MIB30 (FIB, miniFib e le opzioni MIBO) cesseranno di esistere e verranno rimpiazzati con nuovi strumenti costruiti sull’indice S&P/Mib. Tale indice, che è stato introdotto qualche mese fa e da allora regolarmente calcolato, viene gestito dall’agenzia Standard & Poor’s. Le principali differenze rispetto al MIB30 sono parecchie, a cominciare dal numero di società inserite nel paniere, che sono al momento 40, le più rappresentative della Borsa Italiana (tra cui anche qualcuna del nuovo mercato). E’ poi diverso il criterio di selezione, basato non più sulla capitalizzazione di borsa, ma sul flottante, cioè le azioni scambiabili, sulla liquidità e sulla ponderazione settoriale. Volendo rappresentare il più possibile l’andamento globale del mercato italiano è poi stato previsto che il numero di titoli compresi nell’indice possa anche aumentare o diminuire rispetto ai 40 attuali. Grazie a questi accorgimenti il nuovo indice ha mostrato effettivamente un lieve aumento della volatilità rispetto al Mib30. Alla chiusura di venerdì scorso ha fatto segnare il valore di 27.807 punti.
Le caratteristiche tecniche dei nuovi strumenti derivati ricalcheranno quelle dei precedenti. Il valore di ogni punto sarà 5 Euro per il Future, 1 Euro per il Mini e 2,5 Euro per l’opzione. Le scadenze saranno sempre trimestrali per i Futures e mensili per le opzioni, l’orario di contrattazione sarà per tutti e tre gli strumenti dalle 9 alle 17,40 con contrattazione continua.
I nuovi strumenti entreranno in quotazione ufficiale già a partire dal 22 marzo, quando sarà introdotta la scadenza settembre. Borsa Italiana spera che siano il toccasana della crisi del mercato italiano dei derivati. Personalmente qualche dubbio ce l’ho, almeno per la prima fase, poiché i nuovi indici, prima di attirare l’attenzione di chi opera utilizzando l’analisi grafica, dovranno costruire una serie storica di almeno qualche mese. Ancor più dura sarà la vita di chi opera con i trading system, cioè i sistemi automatizzati di trading, perché la morte del Fib manderà in soffittta anche tutti i sistemi costruiti per lui, e costringerà a lunghi lavori di riprogettazione o adattamento per poter lavorare sullo strumento nuovo. Tutto ciò toglierà operatori da questi mercati, più che portarne e spingerà ulteriormente verso l’Eurex.
La scadenza di settembre vedrà quindi in coabitazione i vecchi ed i nuovi strumenti derivati, poi il giorno 20 settembre 2004 si celebrerà ufficialmente il funerale del FIB. Riposi in pace.
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