L’equilibrio dei mercati azionari mondiali è stato rotto in senso ribassista la settimana scorsa. Si è verificato l’evento da queste pagine lungamente previsto ed atteso. L’indice SP500 non è riuscito a violare con forza l’area di resistenza di lungo periodo, cioè quella zona (1150-1180) che avrebbe decretato, se superata, l’inversione del trend di lungo periodo in senso rialzista, ed è stato respinto con una candela nera settimanale, dopo 9 settimane consecutive di candele bianche, verso livelli che consentiranno di scaricare gli eccessi e recuperare fiato dopo la corsa ininterrotta durata ben 10 mesi.
Lungi da me l’idea di cantar vittoria, per due motivi: innanzitutto perché quando i mercati scendono non è una vittoria per nessuno, poi perché nei mesi scorsi abbiamo già visto parecchie false partenze della correzione, sempre riassorbite in pochi giorni dalla forza del movimento rialzista.
Tuttavia questa volta l’impulso correttivo parte da livelli di eccesso piuttosto elevati (alcuni indicatori tecnici tra i più famosi, cioè MACD e RSI sui grafici settimanali avevano raggiunto livelli che si sono visti solo nei momenti più acuti della bolla speculativa degli anni ’90) e trova il mercato nella tipiche condizioni psicologiche di pre-crollo. Lo dimostra il dato settimanale pubblicato dalla AAII, l’associazione americana dei piccoli investitori, che misura il livello di ottimismo e di pessimismo presente tra la massa dei piccoli risparmiatori. La penultima settimana di gennaio il livello di ottimismo aveva raggiunto il 65,3%, massimo assoluto dal 1987, mentre il livello di pessimismo, pari al 14,7%, era il più basso dall’epoca della bolla, settembre 2000. A mio parere questi dati sono un potente segnale contrarian, poiché denotano che in tale fase la stragrande maggioranza degli investitori è esposta sul mercato azionario, mentre coloro che potrebbero apportare nuova liquidità cambiando la loro opinione negativa sono rimasti pochi. La situazione ideale per la partenza di severe correzioni.
Non deve quindi stupire se nella settimana in cui i dati macroeconomici hanno sparso qualche seme del dubbio sulle certezze di ripresa americana, i mercati hanno innestato con decisione la retromarcia.
Una lettura combinata dei da dati macro settimanali, unita al mutamento della terminologia adottata dalla Federal Reserve per giustificare il mantenimento dei tassi di interesse al livello invariato, può in effetti indurre anche i più ottimisti a maggior cautela circa le sorti economiche USA.
Il dato sul PIL e le sue componenti ci conferma che i tre pilastri su cui dovrebbe poggiare una solida ripresa economica non rispondono all’appello all’unisono. Gli investimenti, pur segnando un certo incremento, lo circoscrivono più che altro al settore tecnologico, inevitabilmente spinto più dalle esigenze di sostituzione ed ammodernamento che di effettiva espansione produttiva. L’export ha effettivamente dato un buon contributo, ma soprattutto grazie alla debolezza del dollaro, che non può proseguire ulteriormente senza portare spinte inflazionistiche da costi a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime.
Il terzo pilastro, cioè i consumi, è quello che ha sostenuto in tutti questi anni l’economia USA e pur continuando a crescere sta un po’ mostrando la corda, anche a causa della debolissima creazione di posti di lavoro che al momento si riesce ad osservare.
D’altra parte non si può certo biasimare il consumatore americano, definito da tempo come il vero eroe dell’economia yankee, se si ferma un attimo a respirare dopo aver portato il fardello del consumismo per tutto questo tempo.
A ben riflettere piuttosto c’è da rimanere stupiti di come questo sia potuto avvenire. Pur perdendo posti di lavoro (quasi tre milioni dall’inizio dell’era Bush), soldi in Borsa (a causa dello scoppio della bolla), fiducia nel futuro (per colpa di Bin Laden), i consumatori USA non hanno mai smesso di comprare. Anzi, tutte le statistiche ci continuano a descrivere l’americano medio come quello che piuttosto di diminuire i consumi aumenta i debiti.
Un comportamento che (lo confesso, essendo io un piemontese e per di più della provincia di Cuneo) mi lascia alquanto perplesso, se non inorridito, che è stato possibile grazie al concomitante aumento dei prezzi delle case, avvenuto in questi anni, e le politica del “danaro facile” (per opera di Greenspan, che mantiene i tassi quasi a zero). Questi ingredienti hanno consentito a milioni di americani di presentarsi alla propria banca per chiedere un supplemento di mutuo, possibile grazie all’aumento della garanzia, a tassi irrisori. Oltre a questo comportamento che definirei “spregiudicato” poiché non fa che rinviare al futuro la resa dei conti, ha contribuito pure la politica delle “tasse facili” elargita da Bush, anche questa a spese del bilancio pubblico e delle generazioni future.
Fino a quando è sostenibile tutto ciò?
Per il lungo periodo sono ormai pochi a credere che si possa andare avanti così. Il rallentamento dei flussi finanziari verso gli USA e la debolezza del dollaro dimostrano che in giro per il mondo qualcuno comincia ad avere dei dubbi. Ma nel breve termine non è detto che l’ottimismo della volontà e la necessità di rielezione di Bush non riescano a fare la magia. Sperando che non sia un semplice trucco.
I nostri SERVIZI INFORMATIVI ti aiutano a guadagnare in borsa con un metodo chiaro, semplice, efficace e, soprattutto, replicabile!
GOLD, Report Quotidiano sul Mercato Azionario, fornisce ogni giorno ANALISI sui principai indici, analisi e INDICAZIONI operative sul AZIONI di ITALIA, USA e su ETF-ETC quotati. Prova 1 mese GRATIS!
GAP, Report settimanale per investire con ottica di medio periodo su ETF-ETC e AZIONI di ITALIA e USA Prova 1 mese GRATIS!
In più avrai la possibilità di partecipare ai Webinar FOCUS mensili di approfondimento, riservati agli iscritti a GOLD e GAP.