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26/01/2004

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L’assenza di importanti novità dal fronte macroeconomico americano ha determinato il sostanziale stallo dei mercati azionari mondiali, bloccati tra la voglia dei di proseguire nella salita ed il timore di aver raggiunto vette che fanno venire qualche vertigine. Anche il dollaro oscilla senza direzione ma con molto nervosismo, causato dalle dichiarazioni dei politici. I mercati obbligazionari sono arrivati pure essi su resistenze ostiche e permangono incerti nel cammino. In tale situazione non mi resta, questa settimana, che confermare tutto quel che ho scritto le settimane scorse e dedicarmi a commentare una volta tanto le sorti del nostro mercato.

Qui si può dire che le novità non mancano, anche se l’andamento del listino è piatto e scarsamente volatile come tutti gli altri.

Tre però mi sembrano i dati da sottolineare:

1)      Nonostante il missile Parmalat, dotato di una testata così dirompente da incuriosire persino la SEC (la Consob d’America) e guadagnare le pagine più importanti dei giornali finanziari mondiali, la nostra Borsa prosegue al traino delle altre piazze quasi come al solito. Quasi, perché un po’ di conseguenze negative ci sono state, su singoli titoli (ne parlo più avanti) ma a livello complessivo il distacco accumulato dalla nostra piazza rispetto alle sorelle d’Europa ammonta a pochi punti percentuali. Il significato che do a questa situazione è che da un lato non ci sono più le borse di una volta, nel senso che le correlazioni esistenti tra i vari mercati sono molto più accentuate di un tempo e le singole aree geografiche tendono a procedere all’unisono. Dall’altro conta molto più il rischio valuta che il rischio paese. In  altre parole abbiamo beneficiato dello scudo rappresentato dall’euro, che ci ha risparmiato la fuga degli investitori, che si sentono, grazie all’euro, maggiormente protetti oggi che in passato. Che sarebbe successo se non avessimo partecipato alla moneta comune? Difficile dirlo, ma sicuramente la nostra borsa non avrebbe tenuto così bene.

2)      I queste settimane no si fa che parlare di trasparenza, di fornire informazioni al mercato, in modo che la speculazione non si possa avvantaggiare di notizie riservate o di rumors campati in aria apposta per far cadere nella rete gli investitori più sprovveduti. Ebbene non riesco a spiegarmi in modo sensato ciò che è successo venerdì scorso sui titoli Capitalia ed altri interessati al rumor che si è diffuso.

In sintesi: compare venerdì mattina un rumor che parla di una possibile OPA da parte di ABN AMRO su Capitalia. Subito il titolo viene sospeso, ma intanto decollano Finecogroup e Antonveneta, che il mercato ritiene in qualche modo beneficiarie dell’operazione. Poco dopo le 10 un comunicato ufficiale di Capitalia ed ABN AMRO rileva che l’OPA non solo sarebbe stata impossibile perché il patto di sindacato a cui ABN aderisce, impedisce per 3 anni di variare le quote in possesso agli aderenti, ma non è assolutamente nelle intenzioni di ABN, né per il presente né per il futuro. Una smentita che più categorica non si potrebbe.

Buon senso vorrebbe che i titoli a quel punto innestassero la retromarcia verso i valori della vigilia. Neanche per sogno. Capitalia chiude con un sonoro +4%, Antonveneta +5,40% e Finecogroup +2,75%.

A questo punto delle due l’una: o c’è qualcuno che vuole regalare soldi strapagando titoli sulla base di notizie false, oppure il mercato non crede minimamente al comunicato delle banche, perché come al solito le smentite sono pure e semplici bugie. Se è vera la seconda lascio ai lettori trarre le conclusioni su che cosa ce ne facciamo di questa trasparenza, se si potranno ancora raccontare impunemente balle al mercato.

3)      La scorsa settimana, dopo il caso Finmatica, abbiamo cominciato a vedere le prime conseguenze del ciclone Parmalat sulle società minori e più indebitate del listino. La lista delle società che nel dubbio vengono vendute a qualunque prezzo nel timore che si celino al loro interno dei cloni di Tanzi e Crudele. Intanto risulta che i corporate bond emessi in Italia e scadenti nel 2004 saranno la bellezza di 21 miliardi di Euro, contro i 5 del 2003. Non voglio pensare a cosa succederà se, come temo, la lista delle società insolventi si dovesse allungare. Significherebbe che quello di queste settimane è solo un leggero antipasto rispetto ai rospi che dovranno essere trangugiati. Se ne farà carico il sistema bancario? Allora, povere banche! Ci penserà il governo a garantire i risparmiatori? Mah…, sono finiti i tempi in cui paga Pulcinella. Oppure ci sarà altro lavoro per le associazioni di tutela dei danneggiati e beffati risparmiatori? Fate un po’ voi. Questo è il risultato di anni di conflitti di interesse. Eppure si parla di abolire la consulenza indipendente e riservarla alle SIM. La ciliegina sulla torta.

 

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