LA MINI BOLLA
L’impatto positivo delle prime trimestrali societarie sui mercati americani ha trascinato tutte le principali piazze azionarie mondiali a ritoccare anche la scorsa settimana i massimi relativi. L’indice SP500 si avvicina ulteriormente, ed ormai è ad un soffio, all’area di resistenza (1150-1200) che ho indicato la scorsa settimana come ostacolo che sarà molto difficile superare. L’indice Nasdaq ha addirittura scavalcato i massimi del 2002 a quota 2100, anche se tecnicamente considererei superata la fascia di resistenza solo oltre 2160.
Il sentiment degli investitori USA è talmente orientato al bello che nulla riesce, per ora, a fermare gli acquisti di azioni. Le notizie positive, che sono la maggioranza, fanno salire ancora i mercati e quelle negative, che in settimana non sono mancate, non riescono a fermarne l’avanzata. Quando c’è euforia tutte le occasioni sono buone per comprare. Gli stessi Guru alimentano gli acquisti interpretando tutto ciò che accade in chiave ottimistica.
Ne è un esempio ciò che si è letto sul dollaro e sulle sue relazioni con i bilanci aziendali ed i mercati azionari. Fino a 7 giorni fa la sua discesa sembrava non avere fine e tutti i guru vedevano imminente il superamento di 1,30 da parte del cambio Euro/Dollaro. La cosa veniva interpretata comunque positivamente, poiché la debolezza del biglietto verde avrebbe favorito i bilanci delle imprese USA sostenendo le loro esportazioni. I dati sulla bilancia commerciale USA di novembre, presentando un certo miglioramento rispetto al profondo rosso a cui eravamo abituati, sembrano aver dato conferma a tale scenario. Analoga conferma hanno fornito le trimestrali finora presentate, che rilevano utili in crescita e spesso superiori alle stime degli analisti, frequentemente grazie all’aumento delle esportazioni da parte delle società USA. Appena i mercati hanno recepito queste indicazioni, ecco che questa settimana il dollaro rialza prepotentemente la testa e in soli 5 giorni di borse aperte riesce a recuperare oltre 6 punti all’euro, riportandosi ben sotto quota 1,24. Un rimbalzo tecnico inevitabile, dato l’eccesso di debolezza mostrato per tutto il 2003; violento, ma naturale e certo non in grado di modificare il trend negativo (per il dollaro) di medio-lungo periodo. Ebbene, i commenti dei guru sono prontamente cambiati e si ritorna a parlare di forza dell’economia americana e debolezza di quella europea (allora questo significa che fino a sette giorni fa l’Europa era forte e l’America debole?) per giustificare lo scivolone dell’euro. Ma quel che più mi stupisce è vedere che ora gli esperti trascurano il fatto che se il dollaro si riprende, tutti gli effetti positivi della svalutazione sull’export USA svaniscono. Preferiscono sottolineare che la ripresa del dollaro consentirà a Greenspan di tenere bassi i tassi di interesse per un altro po’, alimentando così quella situazione di “esuberanza irrazionale” che a mio parere comincia ad assomigliare molto alla sorella minore della bolla speculativa del 2000.
Puntando l’attenzione per una volta al mercato azionario della nostra povera Italietta, si nota che anch’esso viene trascinato per i capelli oltre i massimi di inizio dicembre ed ora punta col suo Mibtel verso 21000 punti. Non illudiamoci di una ritrovata forza della nostra borsa. Tutte le altre principali borse hanno già superato prima di Natale i massimi di inizio dicembre ed ora si trovano circa 6-7 punti percentuali al di sopra. Potremmo misurare anche così l’impatto per ora del caso Parmalat, che ha riportato il nostro paese sulle prime pagine dei giornali finanziari mondiali, che ancora una volta hanno potuto ammirare la creatività italiana applicata alla finanza.
E’ significativo notare che la faticosa ripresa della nostra borsa, in un momento di euforia di tutte le altre piazze, sia avvenuta grazie agli assicurativi e alle care vecchie utility, tra cui da qualche tempo si tornano a considerare i telefonici, preso atto che non ha più senso classificarli nell’High tech. Le banche invece, che avevano guidato il rialzo del 2003, nonostante i colpi di teatro di alcune tra loro che hanno deciso di rimborsare i loro clienti dalle perdite sui bond Cirio e Parmalat (sarà opportuno però che i clienti vadano a leggersi anche le clausole scritte a caratteri minuscoli), scontano una crisi di fiducia che forse non si è ancora manifestata del tutto e che potrebbe portare ad ulteriori avvitamenti se venisse a mancare il sostegno esterno dato dall’euforia delle borse USA.
Intanto cominciano a verificarsi fenomeni di sciacallaggio borsistico (o magari, chissà, di preveggenza) nei confronti di parecchie tra le società indebitate. Le pesanti flessioni subite in queste settimane dai titoli azionari di società anche importanti (prima Benetton, poi Merloni, quindi negli ultimi giorni anche Finmatica e Tiscali sul nuovo mercato) che in comune hanno il fatto di essere piuttosto indebitate, rivelano un certo nervosismo degli investitori e la furbizia di chi forse vuole sfruttare il caso Parmalat per speculazioni ribassiste basate su rumors magari campati in aria. D’altra parte le brutte scottature ricevute da Cirio e Parmalat inducono molta gente ad aver paura persino dell’acqua fresca.
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