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LA PARMALATTOSI SI AGGRAVA TRA GIALLO, FARSA E TRAGEDIA
12/01/2004

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Le ultime settimane, con il susseguirsi di notizie sul caso Parmalat, hanno alternativamente dato alla vicenda a volte i contorni del giallo finaziario, a volte quelli della farsa o commedia all’italiana, spesso quelli della tragedia.

Si può dire che se ne sono viste di cotte e di crude. Cito a memoria i fatti più curiosi ed incredibili che mi è capitato di apprendere, sapendo che ne dimenticherò certamente qualcuno.

Per la categoria Giallo:

- il Tanzi che continua ad affermare che la sua famiglia non ha preso un quattrino quando sono accertati ormai ammanchi per almeno 8 miliardi di euro (il termine “almeno” è d’obbligo, dato che quasi ogni giorno si aggiunge alla lista delle malversazioni qualche centinaio di milioni di euro).

- il centralinista della società che scopre, perché glielo dicono i magistrati, di essere amministratore delegato di una trentina di società del gruppo.

- i managers del gruppo che prima di essere arrestati hanno bruciato chili di documentazione compromettente e messo fuori uso i computers a colpi di martello: roba da filmaccio di serie B.

Per la categoria Farsa:

- Gli stessi managers che affermano di aver sempre firmato qualunque atto su ordine di Tanzi senza nemmeno leggere quel che firmavano: fulgido esempio di professionalità, che al giorno d’oggi non si vede più nemmeno tra le casalinghe alle prese con i venditori del Folletto.

- Le società di revisione super pagate e garanti della regolare contabilità che non si accorgono di una truffa che per ammontare supera il PIL di parecchi stati del mondo. Non si accorgono nemmeno che la lettera che certifica l’esistenza di liquidità per 4 miliardi di euro (8.000 miliardi di vecchie lire) è stata falsificata con lo scanner.

- Il ministro Tremonti che approfitta della situazione per regolare i conti con il Governatore della Banca d’Italia Fazio, quando tutti sanno che Fazio, benchè sia nella top ten degli italiani più antipatici, questa volta non c’entra granchè. Infatti Parmalat non è una banca, per cui non è oggetto della sua vigilanza, mentre le banche forse coinvolte nel favoreggiamento della truffa sono soprattutto straniere e pertanto non ricadono sotto la sua giurisdizione.

- Le vendite dei giocatori del Parma, società calcistica del gruppo coinvolta nel crack, che vengono coordinate dal ministro Marzano, a cui deve essere chiesta l’autorizzazione. Si spera che i gioielli del Parma non finiscano tutti al Milan a prezzi di saldo per ingraziarsi il premier.

Oltre a tutti questi fatti, che sono noti e sui quali l’unico commento che si può fare è l’esternazione di un certo sbigottimento misto ad incredulità. Ce ne sono forse altri, che appartengono alla categoria Tragedia, su cui i riflettori non si sono ancora accesi a sufficienza ma forse lo saranno in un prossimo futuro.

Il primo aspetto da chiarire è il ruolo delle banche italiane nella vicenda, in particolare nei confronti delle parecchie migliaia di risparmiatori coinvolti in questo che solo l’artificio del decreto governativo di salvataggio impedisce di chiamare fallimento.

Personalmente credo che sia verosimile che per molti anni le Banche e le società di Analisi Finanziaria siano state ingannate da bilanci falsificati in modo sfacciato, ma pur sempre certificati dalle conniventi società di revisione. Tuttavia il problema che si pone e su cui dovrà essere fatta piena luce è il seguente: nel mese di novembre 2003, quando esplose la crisi di insolvenza sul bond in scadenza ed il caso del fondo  fantasma Epicurum, col titolo che quotava ancora oltre 2 euro, le banche (o alcune tra loro) sapevano che la situazione stava precipitando? Se lo sapevano, come si sono comportate? Hanno ceduto i titoli di loro proprietà senza preoccuparsi della clientela oppure hanno avvisato i clienti (tutti o solo qualcuno?) del fallimento incombente? Si può ipotizzare il reato di insider trading relativo ai comportamenti tenuti?

Non sono domande di poco conto. Da quel che risulta da parecchie denunce presentate da risparmiatori coinvolti nell’insolvenza, sulle quali i magistrati dovranno fare gli accertamenti del caso, sembra che qualche banca abbia avvisato per tempo parte della propria clientela del pericolo che correva.

L’ennesima cosa surreale di questa vicenda è infine la risposta di molti tra i risparmiatori interpellati: “non vendo perché non voglio perdere parte del capitale investito”.

Voilà. Così lo stanno perdendo tutto.

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Pierluigi Gerbino - P. Iva 02806030041
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